Sostenibilità e scelte di consumo: due concetti che sembrano sempre più centrali nelle abitudini delle nuove generazioni. Ma è davvero così? A guardare i dati relativi al settore moda – in particolare quello del fast fashion – la risposta sembra più complessa di quanto appaia.
Negli ultimi anni si è diffuso il concetto di mindset paradossale, ovvero il disallineamento tra valori dichiarati e comportamenti effettivi. In altre parole: molti consumatori affermano di voler adottare stili di vita più sostenibili, ma al momento dell’acquisto continuano a privilegiare prodotti a basso costo, spesso associati a pratiche poco trasparenti o non sostenibili.
I numeri del paradosso: sostenibilità dichiarata, fast fashion scelto
Una serie di studi recenti evidenzia come l’interesse verso la moda sostenibile sia reale, ma raramente tradotto in scelte d’acquisto concrete:
Secondo un’indagine IntimoRetail – PwC 2025, tra il 60% e il 70% dei consumatori, in particolare under 35, dichiara di voler acquistare in modo più etico e responsabile. Tra questi, oltre il 70% di Gen Z e Millennials si dice disposto a spendere di più per un capo realmente sostenibile.
Tuttavia, solo circa il 30% riesce effettivamente a trasformare questa intenzione in un comportamento concreto di acquisto, come emerge dall’Osservatorio Moda Circolare di ESG360. La difficoltà principale, secondo gli intervistati, risiede nei costi e nell’accessibilità: molti giovani dichiarano infatti di acquistare prodotti green solo saltuariamente, quando economicamente possibile.
Anche il prezzo rappresenta una barriera evidente. Il Sustainable Fashion Market di Business Research Insights rileva che l’80% dei consumatori considera ancora troppo elevati i costi della moda sostenibile. Questo divario è legato soprattutto alle spese maggiori richieste per produzioni etiche e tracciabili, che inevitabilmente influenzano il prezzo finale.
Infine, un’altra criticità evidenziata è la crescente sfiducia verso i claim ambientali dei brand. Dalla stessa indagine IntimoRetail – PwC, emerge che il 64% dei giovani considera il greenwashing un problema serio e diffuso nel settore della moda, fattore che genera ulteriore disorientamento nel momento della scelta.
Come cambiare le abitudini di consumo? Serve un sistema che faciliti le scelte sostenibili
Per affrontare il divario tra intenzioni e comportamenti, è necessario intervenire sull’intero sistema di consumo e produzione, partendo da tre ambiti:
- Motivazione emotiva – Valorizzare l’impatto reale delle scelte e i valori personali.
- Facilità pratica – Rendere disponibili strumenti, servizi, incentivi e filiere trasparenti.
- Pressione normativa e sistemica – Leggi, regolamenti e meccanismi di mercato che premino le buone pratiche.
In quest’ottica, è fondamentale evitare l’effetto rebound, ovvero l’idea pericolosa che il riciclo possa giustificare un consumo eccessivo. Per questo è essenziale:
- Promuovere l’educazione alla cura del capo,
- Incentivare la riparazione e trasformazione dei tessili,
- Valorizzare il mercato del second-hand e della moda circolare.
ERP Italia Tessile: facilitare il passaggio da intenzione a realtà
In un contesto in cui il sistema moda è chiamato a ridurre drasticamente il proprio impatto ambientale, ERP Italia Tessile si propone come facilitatore operativo per la transizione verso un modello circolare.
Il Consorzio nasce per supportare Produttori, Retailer e stakeholder nella gestione conforme dei rifiuti tessili in linea con la normativa EPR (Responsabilità Estesa del Produttore), che entrerà in vigore in Italia nel 2025.
Attraverso la costruzione di una filiera strutturata per la raccolta, il riutilizzo e il riciclo dei tessili, ERP Italia Tessile contribuisce a rendere la moda sostenibile più accessibile, tracciabile e trasparente, promuovendo un approccio virtuoso che unisce innovazione, inclusione sociale e riduzione dell’impatto ambientale.